di Francesca Milani
Siamo a Gennaio, feste appena concluse e un nuovo anno appena iniziato e così, come sempre accade in questo periodo, qualcuno ti avrà chiesto quali sono i tuoi propositi per il nuovo anno. I miei propostiti? Non saprei, mi è sempre difficile rispondere a questa domanda; mi spiego meglio: certo è finito un anno solare, ne inizia uno nuovo ma questa, per noi, come può essere una reale rottura?
Ci sono i festeggiamenti che ci inducono a pensare che tutto ciò che è stato può essere come resettato e la stessa funzione hanno alcune tradizioni come il rompere vecchi oggetti o persino buttare mobili dalla finestra.
Lasciarsi alle spalle il nostro vecchio modo di essere e di agire per perseguire un modo di essere totalmente nuovo non penso sia possibile; quantomeno non come un cambiamento improvviso.
Si può lasciar andare, costruire, ricostruire ma con tempo e con pazienza. Si possono avere buoni propositi ma vanno coltivati.
IL KINTSUGI
Magari non ne conosci il nome ma sicuramente avrai sentito parlare del Kintsugi l’antica arte giapponese che consiste nella riparazione di oggetti in ceramica attraverso l’uso di materiale prezioso (oro e argento).
Attraverso questa tecnica i frammenti che componevano l’oggetto rotto vengono recuperati, ricomposti e risaldati; l’utilizzo di oro e argento per evidenziare le linee di rottura rende la ceramica preziosa ed unica: i materiali utilizzati ne aumentano il valore economico e al contempo ogni oggetto, con le sue particolari fratture, diventa unico e irripetibile.
KINTSUGI E RICOSTRUZIONE INTERIORE
Sì, ma cosa hanno in comune le ceramiche e ciò da cui siamo partiti?
Ecco penso che sia utile sì fare buoni propositi ma che: 1) questi non si realizzano senza un nostro reale impegno 2) non è possibile pensare di essere di punto in bianco persone nuove. Quello che sto cercando di dire è che ognuno di noi, chi più chi meno, è costituito da cocci e questi non si possono buttare via o cancellare; tuttavia si può provare a riaggiustarli, si può provare a guardare alle nostre ferite e a cercare di capire dove ci hanno portato.
In accordo con la filosofia zen, che mira al raggiungimento dell’equilibrio, il Kintsugi punta ad un a riconciliazione con le difficoltà della vita: ciò che è stato rotto viene accolto, “curato” e trasformato. Così come in questa pratica artistica anche nella vita è necessario dedicare il giusto tempo alla cura delle ferite affinché queste producano una nuova forma.
LE FASI DEL KINTSUGI: DENTRO E FUORI
1) Rottura
Un trauma, un imprevisto, un incidente possono portare ad una frattura. Dopo questo evento, che simbolicamente spesso descriviamo come “andare in pezzi” è necessario del tempo per recuperare, per “raccogliere” questi pezzi.
2) Osservazione dei frammenti
Nella vita come nel kintsugi, a volte è necessario prendersi del tempo per ricostruire la situazione, per esaminare tutto ciò che ti ha portato alla situazione di rottura e quali sono i frammenti che ha prodotto. È una fase lunga, che richiede tempo ed energie.
4) Riparazione
A poco a poco si può ricominciare a ricostruire. Si lascia andare ciò che non serve più mentre si conservano le parti importanti.
5) Esaltazione
Come le crepe evidenziate sull’oggetto trasformato dall'arte del kintsugi lo rendono unico, anche nel processo di trasformazione interiore l’individuo riacquista una nuova integrità.
Gli oggetti così riparati ci suggeriscono che non si deve buttare ciò che si rompe ma si deve tentare di recuperare, e nel farlo ci si rinnova e si cresce.
Questo tipo di approccio ci porta a pensare al concetto di resilienza; ovvero la capacità che ognuno di noi ha di far fronte, in maniera positiva, a eventi traumatici e di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose. Perché non è possibile lasciare tutto alle proprie spalle, perché gli eventi della vita incidono su ciò che siamo, ciò che possiamo fare è reagire in modo attivo affinché non siano gli eventi a governarci ma noi a governare loro.