di Francesca Milani
IL BAMBINO “CAPRICCIOSO”
Nella mia esperienza lavorativa, ma anche nella vita privata quando parlo con le amiche, molte volte se si parla della difficoltà a gestire alcuni tratti caratteriali dei figli (ad esempio rabbia, irrequietezza, disturbi del sonno, regressione) si pensa che il “problema” sia del bambino e che, pertanto, è di lui che ci si deve occupare per poterlo risolvere.
A questo punto si aprono due possibilità: o il bambino presenta in famiglia sintomi (a volte confusi con capricci) che servono per esprimere un disagio che ha a che fare con il mondo esterno oppure sono presenti delle difficoltà all’interno del nucleo familiare. In realtà, ai fini del raggiungimento del vostro benessere e di quello del vostro piccolo, poco importa quale sia l’origine di tale disagio, ciò che invece dovrebbe essere importante è che si attivi una relazione di aiuto. In entrambi i due casi sopra citati, soprattutto nel secondo, potrebbe essere efficace iniziare un percorso familiare o in coppia genitore – bambino; questo perché “il comportamento infantile non può essere visto separatamente dalle relazioni del bambino piccolo”[1].
INCONTRI GENITORE – BAMBINO PER MIGLIORARE IL RAPPORTO
Una delle cose che, a questo punto, potreste provare è un senso di disagio dato dalla paura di essere giudicati e valutati rispetto al vostro ruolo genitoriale. In realtà il terapeuta propone di coinvolgere almeno uno dei due genitori nel processo terapeutico, perché i neonati e i bambini sono estremamente dipendenti dai loro modelli, che sono la mamma e il papà, pertanto il cambiamento avverrà più facilmente e velocemente attraverso di voi; “nel lavoro di Consultazione partecipata il risultato terapeutico più interessante è che i genitori diventano i protagonisti del miglioramento del rapporto con i propri figli”[2].
In una seduta di arte terapia l’arte terapeuta vi propone delle attività (artistiche o di gioco) a misura del bambino che dovrete svolgere insieme; il terapeuta sta in disparte, osservando e facilitando la comunicazione, per permettere il rafforzamento dei legami familiari offrendo sostegno a tutti e predisponendo uno spazio e un’occasione in cui possiate dedicarvi un tempo di qualità volto a migliorare lo stato di benessere di tutti.
Ma che cosa si fa esattamente? Difficile dirlo così perché saranno i bambini a suggerire, in base alle loro caratteristiche, il tema degli incontri, che naturalmente verranno poi guidati in base al risultato che si vuole ottenere; tuttavia, per fare degli esempi, è possibile che vi ritroviate a costruire case, villaggi di animali, acquari o a raccontare storie.
Nella produzione del materiale artistico è l’adulto che si adegua allo stile e alle necessità del bambino, e il processo e il prodotto artistico saranno il risultato tangibile di qualche cosa che si è costruito insieme, in un’esperienza significativa; in questo tipo di incontri è come se si predisponesse “uno schermo sul quale madre e padre hanno l’opportunità di guardare il loro bambino con occhi nuovi e di capire il legame che passa tra il loro fare e quello del bambino”[3].
Oltre a migliorare l’aspetto comunicativo ed aiutare tuo figlio nel superamento di momenti di disagio, i percorsi genitore – bambino ti aiutano a rinforzare l’immagine positiva di te come genitore; inoltre viene offerto un sostegno, in particolar modo alla mamma, nel trovare i giusti modi per sperimentare la vicinanza e la capacità di distacco dal proprio figlio, favorendo così un attaccamento sicuro[4].
I percorsi familiari o in coppia genitore – bambino possono essere attivati sia per ogni nucleo familiare che in gruppo con altre famiglie.
[1] L. Proulx, Strengthening Emotional Ties through Parent-Child- Dyad Art Therapy, Jessica Kingsley Publishers, 2003, London, pag. 35. (mia traduzione)
[2] D. Vallino, Fare psicoanalisi con bambini e genitori, Edizioni Borla S.r.l., 2010, Roma, pag. 27 - 28.
[3] D. Vallino, Fare psicoanalisi con bambini e genitori, Edizioni Borla S.r.l., 2010, Roma, pag. 27.
[4] L’attaccamento è un meccanismo che consente la sopravvivenza dell’individuo non ancora autosufficiente e dipende da chi si prende cura di lui; lo stile di attaccamento ricevuto nella prima infanzia determina la modalità con cui la persona si approccerà alle relazioni nella vita adulta. Si ha un attaccamento sicuro quando la madre è capace di sintonizzarsi con i bisogni del bambino fornendogli ciò di cui ha bisogno (sia cure concrete che sostegno emotivo) o consolandolo e rassicurandolo quando non è possibile rispondere alle sue esigenze. Il bambino in questo modo cresce accettando in maniera più positiva il distacco dalla madre nel processo di esplorazione del mondo e di definizione della sua indipendenza.